A Caso per l'Asia 🇲🇾 Giorno 85: Kuala Lumpur, Malesia
Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.

Stavo facendo colazione con un tramezzino rancido comprato in un 7-Eleven.
Mentre contemplavo la vista sui palazzi di fronte, un amico si piazzò al mio tavolo. È un ragazzo belga che bivacca qui da mesi, aspettando il momento giusto per scappare di nuovo in Thailandia. Si chiama David.
Dopo aver parlato del suo business e altre cosucce, siamo finiti in un fitto discorso sulle donne.
Mi raccontò della sua relazione più importante, finita circa quattro anni fa. Disse che era acqua passata, ma il suo linguaggio del corpo urlava l'esatto contrario. Mentre ne parlava, sembrava una pallina da flipper impazzita.
Si agitava sulla sedia. Inciampava nelle parole come se stesse cercando di scappare da loro. Finì persino per rovesciare un bicchiere d’acqua.
Ma era la sua voce a tradirlo più di ogni altra cosa: usava un tono un po' troppo casuale, come quando cerchi di convincere te stesso che va tutto bene mentre dentro di te si sta svolgendo un film drammatico con il Requiem di Mozart come colonna sonora.
Sì, certo amico, acqua passata.
Stava con la donna per cui lavorava, il che già suona come una pessima idea, ma aspetta, peggiora. In due anni di relazione, lei non ha mai voluto rendere la cosa ufficiale. Due. Anni. Ovunque andassero — ufficio, amici, riunioni, persino in mezzo alla sua famiglia — lui era solo un collega. Non un compagno, non un fidanzato. Solo un’innocua comparsa nel grande spettacolo della vita della sua “fidanzata”.
David si faceva in quattro per lei: il classico tizio che farebbe il giro dell’inferno a piedi scalzi se lei glielo avesse chiesto. Anche un blobfish avrebbe capito che lei lo stava usando. Era ovvio. Eppure lui, senza rendersene conto, si comportava come uno zerbino che implorava di essere calpestato.
Una volta un saggio amico mi disse: “Trattala come una principessa e lei ti tratterà come uno schiavo.”
Ora, non è che tutte le donne siano uguali, né che ci sia un manuale universale sulle relazioni (se esistesse, saremmo tutti più felici e meno incasinati). Ma la verità è che la natura umana non guarda in faccia nessuno. Quando in una relazione uno dei due si trasforma in un dispensatore infinito di attenzioni e affetto, l’altra parte finisce per annoiarsi a morte.
È triste, ma è così: l’essere umano vuole ciò che non può avere, e se gli dai tutto su un piatto d’argento, prima o poi smette di apprezzarlo.
Non esiste una relazione sana in cui uno dei due dipende emotivamente dall’altro come un cucciolo affamato. L’amore è un gioco — e quando smetti di giocare, quando non c’è più sfida, mistero e voglia di sorprendersi a vicenda, l’amore si spegne lentamente.
Certo, si può ancora stare insieme, ma quello che prima era il desiderio di essere persone migliori diventa solo un disperato bisogno di approvazione.
Gli ripetei la citazione, pensando che forse gli sarebbe servita a svegliarsi.
Si limitò a sorridere amaramente e cercò di difendersi: “Ma no, anche lei faceva tante piccole cose per me.”
Sospirai. “Sì, certo. Ma in due anni non ha mai voluto rendere pubblica la vostra relazione. Dovevate sempre fingere di essere solo colleghi. Con la famiglia, con gli amici, con chiunque. Cosa ti serve ancora per capire che non eri la sua priorità?”
“Ma era complicato… Eravamo così simili. Stessi interessi, stesse opinioni, stessa personalità. Siamo persino nati nello stesso giorno, cazzo.”
Visto che non voleva mollare, decisi di cambiare approccio: “Ok, ma perché mi stai raccontando tutto questo? Vorresti sapere qual è la mia opinione a riguardo?”
“Sì.”
“Essere simili è fantastico per un’amicizia, ma nell’amore è una condanna. Se due persone sono troppo uguali, alla fine diventano più amici che amanti. Quello che conta davvero non è avere gli stessi gusti, ma gli stessi valori. Se stai con qualcuno identico a te, una volta finite le storie da raccontarsi, inizi solo a specchiarti nei suoi difetti. E a quel punto, l’attrazione svanisce. Funziona come i magneti: due poli opposti si attraggono, due uguali si respingono.”
“Non sono d’accordo. Per me essere il più simili possibile è la chiave.”
“Ok, hai avuto altre relazioni serie oltre a questa?”
“Sì.”
“Eravate simili anche in quella?”
“Sì.”
“E com’è finita?”
Abbassò lo sguardo. “Ci siamo lasciati.”
Gli lanciai un’occhiata. “E questo non ti dice niente?”
Lui sospirò, incerto. “Capisco cosa vuoi dire, ma non credo sia così semplice. Se non condividi gli stessi interessi e passioni, finisci per fare vite separate. E se non passi più tempo insieme, a che serve stare in coppia?”
Scossi la testa. “E invece è proprio questo il punto! La distanza è necessaria. È salutare. Nella mia relazione più lunga, la mia ragazza era praticamente la mia versione femminile. Stessi gusti, stessi hobby, stessi film, stessi luoghi. Facevamo tutto insieme. E sai cosa è successo? La relazione si è spenta. Non perché non fossimo compatibili, ma perché lo eravamo così tanto da non poter essere complementari.”
Niente, non ne voleva sapere. A quel punto decisi di chiudere la bocca e limitarmi ad ascoltarlo, tipo psicologo scoglionato alla terza seduta della giornata. Anzi, feci di meglio: iniziai a parafrasare quello che diceva, giusto per vedere se, sentendolo uscire da un’altra bocca, si rendeva conto dei controsensi che mi stava raccontando.
Spoiler: non funzionò.
Al contrario, ottenni l’effetto opposto. Più sentiva la sua stessa logica ripetuta da qualcun altro, più si convinceva di avere ragione. Era come guardare uno che si dà martellate sulle dita e invece di fermarsi, aumenta la forza dei colpi.
Il bello è che quando lei lo scaricò quattro anni fa, lo cancellò dai social e tornò insieme al suo ex (con cui era rimasta in stretto contatto anche mentre usciva con lui).
Ma no, lui insisteva che non era attaccato al passato. Assolutamente no. Ne parlava solo perché stava “ancora cercando di imparare dagli errori che ha commesso.”
Spero per lui che sia vero. Nel dubbio, preferii lasciarglielo credere. Tanto lui non voleva ascoltare: voleva solo parlare, parlare, parlare. E così glielo lasciai fare.
Alla fine, io ne uscii con un bel mal di testa e lui… beh, lui ne uscì con la stessa, identica, contorta idea che aveva prima. Ma, in fondo, come biasimarlo. Come diceva De Andrè:
L’amore ha l’amore come solo argomento e il tumulto del cielo ha sbagliato momento.
Sarà la vita, attraverso il dolore, a insegnargli ciò di cui ha bisogno.
Alla prossima,
Grazie per aver letto fin qui!
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Per chi è nuovo da queste parti…
Mi chiamo Riccardo. Sono un viaggiatore senza dimora fissa, giro per il mondo e scrivo online.
In questo momento mi trovo in Malesia, immerso nel mio viaggio A Caso per l'Asia. Sono partito senza alcun piano o biglietto di ritorno, e di tanto in tanto documento un momento speciale della mia avventura.
La domenica pubblico un articolo in cui esploro una lezione differente che la vita mi ha insegnato, condividendo riflessioni e strategie che mi hanno aiutato a superare gli ostacoli.
Se anche tu sei un sognatore, se hai un animo irrequieto, se dentro di te arde la sensazione che ci sia "qualcosa di più” là fuori, allora La Cantina dei Dannati è il posto giusto per te.
Benvenuto, e buona lettura!
Mi trovo abbastanza d'accordo con quello che hai scritto, tuttavia una base di interessi comuni è utile per una rapporto di coppia. Ma altrettanto utile è il rispetto degli spazi dell'altro. Se ad entrambi piace andare a camminare in montagna si passeranno delle belle giornate insieme, ma se ad uno dei due piace guardare Netflix e all'altro leggere... beh, a ciascuno la sua stanza, e ci vede dopo :-)