
Alcune settimane fa mi trovavo a Ella, una cittadina incastonata tra le colline dello Sri Lanka.
Sedevo in un piccolo bar fatiscente sorseggiando una birretta assieme a una ragazza ceca. Anche lei è una viaggiatrice, ma non a tempo pieno. Mi racconta di essere nata e cresciuta a Praga, la città in cui ancora oggi trascorre la gran parte della sua vita.
Parliamo per un po', finché, dopo averle raccontato la mia storia, mi dice: "Ok, figo. Ma quindi qual è il posto che consideri la tua casa?".
Nessuno mi aveva mai posto quesito, e rimasi spiazzato dal fatto che una domanda così semplice potesse mettermi così in difficoltà.
Ci pensai un attimo.
"Non ho una casa," risposi, con un tono che tradiva una certa esitazione.
"Sono ormai sette anni che non ho un posto che possa davvero chiamare così. Ogni anno potrei trovarmi in un luogo diverso."
Mentre mi incamminavo verso il mio alloggio quella sera, continuavo a rigirare quella domanda tra i miei pensieri.
Sapevo che la risposta che avevo dato non era quella giusta.
C'era qualcosa che mi sfuggiva.
Che cosa significa Casa?
Se qualcuno mi puntasse una pistola alla testa, costringendomi a rispondere, probabilmente direi: "Il mondo".
Ma il ricettatore, pronto a premere il grilletto, non sarebbe soddisfatto della risposta.
Quindi, che cosa significa davvero "casa"? Quali sono i criteri a cui fare riferimento per poter definire un posto come tale?
È il legame con le persone che ci vivono? È il luogo in sé? È legato all'infanzia? Alla nostra zona di comfort?
Ci ripensavo qualche giorno fa, quando feci ritorno a Bangalore. In un certo senso, mi sentivo di essere tornato a Casa.
Mi domandavo se fosse davvero possibile che un posto, in così poco tempo, potesse insinuarsi dentro di te e radicarsi abbastanza da darti la sensazione di chiamarlo così.
Se ripenso alla mia infanzia e adolescenza, mi verrebbe da dire che la mia Casa era quella in cui sono cresciuto con mio fratello e i miei genitori.
Ma riflettendoci, era l'unico mondo che conoscevo allora. Non avevo alternative, né punti di riferimento per poter dire se lo fosse davvero o se era semplicemente il posto in cui ero obbligato a stare.
Ora sono certo di poter dire che la mia Casa non è in Italia. Nonostante i legami familiari e i ricordi d’infanzia, non ci vivo da così tanto tempo che ormai mi sembra un luogo estraneo.
Forse, una volta, avrebbe potuto esserlo, anche se non l'ho mai sentita come tale. Persino oggi, quando ci torno, lo vedo più come un rito di passaggio, un dovere da adempiere, non di certo un piacere.
Se penso alla prima parte dei miei vent'anni, probabilmente direi la Spagna.
Non perché ci siano ancora persone legate a quella città che mi facciano sentire a casa, ma perché le memorie che porto con me sono importanti. Valencia è stata un capitolo significativo della mia vita, un luogo che mi ha formato in molti modi.
Se invece guardo agli ultimi anni, direi l'Islanda.
E in questo caso, sarebbe per le persone che ho incontrato lì, che mi hanno fatto sentire accolto e che mi hanno dato un senso di appartenenza.
Tuttavia, anche in questo caso, chiamarla Casa mi sembra un po' forzato.
E se non fossero né il luogo né le persone a determinarne il significato?
Se escludessimo questi due fattori, cosa potrebbe definirla davvero?
Certo, per chi ha una famiglia e dei figli, la risposta è sicuramente più semplice. Casa è dove sono loro, indipendentemente da dove ti trovi.
Ma se non li hai?
Forse abbiamo diverse Case per diverse stagioni della nostra vita. Ogni tappa della nostra esistenza potrebbe corrispondere a una nuova Casa, fatta di esperienze, di scelte, di relazioni. Un luogo che, magari, non è mai fisico, ma che cresce dentro di noi con il tempo.
In fondo, potremmo dire che esistono decine di versioni diverse di noi stessi, e che ogni situazione ci trasforma in un tipo di persona differente.
Quando siamo con i nostri genitori, diventiamo una versione di noi stessi che si lega ai ricordi dell’infanzia e alle dinamiche familiari.
Quando siamo con gli amici con cui siamo cresciuti, siamo una versione che si nutre di storie condivise e di esperienze comuni che ci legano in modo speciale.
Quando ci troviamo a fare nuove conoscenze, ci trasformiamo di nuovo, rivelando sfaccettature diverse della nostra personalità, quelle che magari nemmeno sapevamo di avere.
Dopo aver vissuto in diversi paesi, con persone diverse, mi viene da pensare che forse Casa è quel posto in cui puoi essere completamente te stesso, senza la necessità di giustificare chi sei.
È un luogo dove non hai paura di mostrare le tue vulnerabilità, perché sai che ti accettano per quello che sei, con tutte le tue sfumature.
E allora non si tratta semplicemente di un luogo fisico delimitato da quattro mura, ma è piuttosto una sensazione.
È quell'ambiente emotivo che ti avvolge in un senso di appartenenza, dove ogni parte di te trova il suo spazio, senza che tu debba indossare maschere o adattarti a ciò che non sei.
È il contesto in cui puoi ridere senza preoccuparti di sembrare troppo esuberante, piangere senza temere di sembrare debole, urlare senza paura di essere giudicato.
È un rifugio in cui puoi ricaricare le tue energie e detossinare la tua anima.
Forse è proprio questo il motivo per cui non riesco a comprenderne appieno il significato: non ho mai vissuto un posto in cui mi sia sentito veramente in questo modo.
A differenza degli altri stati d’animo, questo non è uno che puoi controllare completamente.
Non puoi scegliere di sentirti a Casa con la stessa consapevolezza con cui scegli un luogo in cui vivere.
È una situazione che non puoi forzare. È più come un incontro casuale con una parte di te stesso che ti sorprende quando meno te lo aspetti. Arriva senza preavviso. Si forma nel tempo. Spesso in base a esperienze che non puoi nemmeno prevedere.
E anche quando cerchi di forzare la situazione, di adattarti a un luogo o a un gruppo di persone, quella sensazione non arriva.
È chiaro, se sei perennemente insoddisfatto e non riesci mai a definire cosa ti fa stare bene, allora anche la tua famiglia, i tuoi figli, e qualsiasi altro legame non saranno mai sufficienti a farti sentire davvero a Casa.
Non ti sentirai mai appartenere a un luogo se non permetti a te stesso di farlo.
Eppure, non si tratta di qualcosa che è del tutto sotto il tuo controllo. Ci sono luoghi e persone che, senza bisogno di motivi concreti, ti fanno capire che sono quelli giusti.
E non significa che tutto è perfetto. Anzi, ci possono essere mille imperfezioni, ma sono accompagnate da un'intuizione profonda che ti fa sentire che quello è il posto giusto per te, senza che tu sappia spiegare esattamente perché.
E qui risiede il mistero.
Mi viene quasi da dire che non sei tu a decidere dove sarà la tua Casa, bensì è la vita, con le sue svolte imprevedibili, a determinare per te dove troverai quella sensazione di appartenenza, quando arriverà il momento giusto.
Casa è quindi una forma d'amore. Non è qualcosa che può essere ridotto a una lista di requisiti da spuntare.
Quando sei innamorato, non sempre hai una spiegazione logica per quello che provi. Lo sai e basta. È una sensazione che ti prende senza che tu possa davvero razionalizzarla.
Lo stesso vale per il concetto di Casa.
Non c’è una ragione precisa: quando la trovi, lo sai, senza sentire il bisogno di dover analizzare ogni dettaglio.
Uno stato interiore
L’errore, a questo punto, sta proprio nell’adattarsi a una versione diversa di noi stessi a seconda dell’ambiente in cui ci troviamo.
Ogni contesto sembra richiedere un aspetto diverso della nostra personalità, una maschera che indossiamo per “funzionare” con le persone o nel luogo in cui ci troviamo.
Ma la vera Casa è ciò che ci permette di smettere di fare questo gioco, di fermarci e imparare finalmente a essere chi siamo davvero.
Tutte le persone che ammiro di più, famose o meno che siano, hanno tutte un posto a cui fare riferimento.
Parlo di quelle che non cambiano a seconda della situazione in cui si trovano, perché hanno una consapevolezza solida di chi sono.
Non hanno paura di mostrare la loro vulnerabilità, non sentono la necessità di “performare” per farsi accettare o per essere apprezzate. Sono autentiche, e non si preoccupano del giudizio degli altri, perché sanno che il loro valore non dipende da quanto gli altri li approvino.
È molto difficile, per esempio, trovare una di queste persone tra i viaggiatori.
Chi, come me, si sposta costantemente ed è sempre alla ricerca di qualcosa, spesso lo fa perché si sente smarrito.
Quello che, nella maggior parte dei casi, cerchiamo inconsciamente è proprio quella sensazione di appartenenza che solo una vera Casa può offrire, e allora andiamo a cercarla nel Mondo, evitando di accettare che ciò che cerchiamo è già dentro di noi.
E da qui nasce la sofferenza, da quella frattura che si crea tra chi siamo veramente e la persona che mostriamo al mondo esterno.
Quando viviamo cercando di adattarci a un’immagine che non corrisponde a chi siamo, la nostra anima sente quel divario.
È come se una parte di noi fosse sempre in lotta con un’altra, e questa dissonanza genera frustrazione.
Credo che sia per questo che Bangalore mi fa sentire, per la prima volta, di essere in questo stato d’animo: qui sono riuscito finalmente ad avvicinarmi alla versione più sincera di me stesso.
Casa quindi non è punto sulla mappa o un tetto sotto cui ripararsi, né una cerchia di persone. È uno stato dell’anima, un senso di appartenenza che nasce quando smetti di cercare fuori ciò che hai già dentro di te.
È quel contesto interiore in cui ti guardi allo specchio e riconosci ogni frammento di te stesso.
Quell’ambiente in cui non senti il bisogno di essere perfetto, ma al contrario, di sentirti libero di essere chi sei davvero, in tutta la tua imperfezione.
A domani,
Grazie per aver letto fin qui!
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Per chi è nuovo da queste parti…
Mi chiamo Riccardo. Sono un viaggiatore senza dimora fissa, giro per il mondo e scrivo online.
In questo momento mi trovo in India, immerso nel mio viaggio A Caso per l'Asia. Sono partito senza alcun piano o biglietto di ritorno, e ogni giorno documento un momento speciale della mia avventura.
La domenica pubblico un articolo in cui esploro una lezione differente che la vita mi ha insegnato, condividendo riflessioni e strategie che mi hanno aiutato a superare gli ostacoli.
Se anche tu sei un sognatore, se hai un animo irrequieto, se dentro di te arde la sensazione che ci sia "qualcosa di più” là fuori, allora La Cantina dei Dannati è il posto giusto per te.
Benvenuto, e buona lettura!
Ciao Riccardo, grazie di questa riflessione, mi aiuta a capire molto anche di me: una costante viaggiatrice, che non riesce pienamente ad essere se stessa (dovuto anche dal fatto che forse ancora sto cercando di capire chi sono, ho 24 anni), ma che ama profondamente il mondo. C’era un poeta che studiai al liceo, di cui purtroppo non ricordo il nome, il quale era un cosmopolita per la sua epoca, e dopo aver girato il mondo capì una semplicissima cosa: non puoi scappare dalla prigione, se la prigione è dentro di te (un po’ quel che hai espresso in questa tua condivisone). Lo approvo totalmente: più viaggio e più mi perdo, più mi perdo e più mi trovo.
Detto questo, vorrei porti una domanda su un argomento di cui non hai mai parlato: come fai nelle relazioni amorose? Con tutto questo movimento presumo sia difficile avere una relazione fissa, come vivi questa cosa?
Ti seguo sempre, un bacio.
Ciao Riccardo, grazie per aver condiviso questa tua riflessione, sento molte assonanze 🙏🏼